Ogni anno negli oceani finiscono otto milioni di tonnellate di rifiuti di plastica. Se non si interviene, la quantità di plastica in mare potrebbe superare quella dei pesci entro il 2050.
Secondo i dati ricavati da un numero sempre più ampio di ricerche, anche gli esseri umani stanno ingerendo micro-plastiche (e le relative tossine) attraverso gli alimenti, l’acqua e l’aria.
La consapevolezza del problema è aumentata rapidamente negli ultimi 12 mesi, modificando gli atteggiamenti dei consumatori e i comportamenti nei confronti della plastica. A gennaio 2018, la Cina ha vietato le importazioni di rifiuti stranieri, che ora si stanno accumulando nei paesi industrializzati: questo fenomeno ha contribuito a catalizzare la loro attenzione proprio sul volume
di rifiuti di plastica che creano. Si tratta di eventi che hanno avuto altresì l’effetto di aumentare le pressioni su governi e imprese nell’ottica di un auspicato intervento per quel che riguarda la produzione di plastiche monouso (circa il 40% di tutta la plastica). Abbiamo registrato il diffondersi di tutta una serie di attività volte a ridurne l’utilizzo, unitamente alla crescita dei sistemi di economia circolare.
Esistono inoltre accordi internazionali e una strategia dell’UE sulla plastica, nonché innumerevoli normative, imposte e divieti sulla plastica da parte di paesi, stati e città. L’India ne costituisce un
esempio, dal momento che si è impegnata a vietare tutte le plastiche monouso entro il 2022. Un recente documento di consultazione del governo britannico sulla riduzione dei rifiuti in plastica tramite l’utilizzo del sistema di tassazione ha raccolto oltre 162.000 risposte: si tratta del numero più alto mai registrato nella storia del Ministero delle Finanze. Cresce l’adozione di programmi
riguardanti l’utilizzo di bottiglie/vuoti a rendere, attivi in quasi 40 paesi. Altrettanto prolifiche risultano le iniziative di settore, come ad esempio il Plastics Pact, siglato tra 40 rivenditori (con una
copertura dell’80% delle plastiche dei supermercati britannici), e il protocollo Operation Clean Sweep, sottoscritto fra i produttori al fine di arginare la dispersione di microplastiche. Anche gli
organismi di normazione globali stanno dando il loro contributo.
Cosa implica tutto ciò per gli investitori?
Questa rapida dinamica sta generando rischi e opportunità, con impatti finanziari sostanziali per gli investitori. In particolare, l’azione dei governi e dei consumatori è incentrata sulle plastiche monouso. Resta tuttavia importante riconoscere che, dal punto di vista ambientale, in molti casi la plastica resta il materiale ideale.
Prevediamo il persistere della domanda in alcuni settori come l’edilizia e le automobili. Ciononostante, registriamo risultati estremamente eterogenei tra i vari settori e all’interno di ciascuno preso singolarmente. Se da un lato abbiamo assistito a significative perdite di ricavi nel settore dei rifiuti a seguito del divieto della Cina, dall’altro abbiamo notato che le società di beni di consumo sono state in grado di sfruttare la domanda per prodotti più sostenibili ed ecocompatibili.
Le risposte di Aberdeen Standard Investments
Con il supporto della nostra unità centrale che si occupa di investimenti ESG, abbiamo iniziato a tenere conto di queste considerazioni nelle decisioni di investimento. Ad esempio, il nostro team per il reddito fisso divide le società attive nel settore carta e imballaggi in tre categorie per definire il loro approccio in materia. Una categoria è quella delle aziende di imballaggi che si
concentrano su prodotti di alluminio, di carta o di vetro più facilmente riciclabili e/o ecocompatibili e in grado di offrire sostituti in breve tempo (sebbene a un prezzo più alto), che dovrebbero
trarre vantaggio dall’aumento della domanda nel corso del tempo. Vi sono poi i produttori di plastica con solidi bilanci e/o flussi di cassa sostenuti, in grado di diventare partner strategici delle
grandi società di prodotti di consumo grazie allo sviluppo di prodotti sostenibili; queste aziende potrebbero mantenere o addirittura aumentare i propri volumi diventando partner preferenziali, riducendo al contempo l’impatto ambientale della loro attività. L’ultimo gruppo di società è considerato maggiormente a rischio per via dei rapidi cambiamenti delle normative e delle abitudini di consumo. Generalmente si tratta di imprese di piccole dimensioni, eccessivamente indebitate o legate a prodotti indifferenziati che sono maggiormente a rischio in caso di cambiamenti delle
normative e dei consumi. Queste caratteristiche potrebbero mettere sotto pressione la loro capacità di passare a prodotti più ecocompatibili e pertanto determinano maggiori rendimenti a
fronte di rischi più elevati per i loro modelli di business. Questo cambiamento è accompagnato dalla necessità di fare attenzione alle conseguenze non preventivate relative a oscillazioni in risposta all’abbandono della plastica, in particolare laddove i materiali alternativi potrebbero dare luogo a risultati ambientali peggiori. Il fatto di poter affrontare con slancio una problematica ambientale che offre altresì chiare opportunità per il settore costituisce una circostanza rara ed entusiasmante.
Le gestioni tematiche ambientali investono in maniera selettiva in attività, prodotti e servizi legati alla protezione dell’ambiente.
Allineamento alle esigenze dei consumatori
Le società che si allineano alle esigenze dei consumatori possono aprire nuovi mercati, praticare prezzi superiori e conquistare quote di mercato. Le società che praticano l’innovazione per cogliere nuove opportunità di generare ricavi – siano esse ambientali o sociali oppure dettate dagli sviluppi demografici – possono migliorare o preservare rendimenti elevati. I prodotti ecosostenibili e le strategie volte a ridurre i rifiuti possono rafforzare sia il marchio che le condizioni finanziarie